Il partito è agonizzante ma ci si ostina a tenerlo in vita. Le ultime elezioni hanno confermato che l’esperienza del PD è al capolinea ma Enrico Letta e gli irriducibili tentano l’accanimento terapeutico per tentare ancora di salvarlo e annunciano un congresso in quattro fasi aperto a tutti, non solo agli iscritti.

L’idea è rimettere in discussione tutto, dai nomi, alle politiche, al rapporto con la realtà concreta del Paese, dalla quale i dem appaiono sempre più lontani. Anche lo stesso nome del partito verrà ridiscusso e si arriverà alle primarie a due candidati, quelli che avranno ottenuto più consensi nel confronto sulle candidature emerse tra i partecipanti al percorso costituente.

Queste le indicazioni anticipate da Enrico Letta in vista della Direzione di giovedì 6 ottobre. In una lunga lettera inviata agli iscritti Pd, il segretario fissa alcuni punti fermi.

Sconfitti ma vivi

“Carissime e carissimi, sono passati pochi giorni dal voto che ha sconvolto gli equilibri politici italiani ed europei e sento la necessità di rivolgermi a ciascuno di voi per ringraziarvi dello straordinario impegno profuso in questa durissima campagna elettorale. Abbiamo perso. Ne usciamo con un risultato insufficiente, ma ne usciamo vivi. E sulle nostre spalle c’è oggi la responsabilità di organizzare un’opposizione seria alla destra”.

Queste le parole di Letta, che all’indomani della sconfitta elettorale anziché fare mea culpa ha puntato il dito contro gli altri e annunciato il congresso, ormai una consuetudine per il Pd che, dopo ogni disfatta, torna a riunirsi per tentare di rimettersi in piedi. Ma la storia insegna che, ogni volta, il passo dei dem è sempre più claudicante.

Congresso in quattro fasi

“Abbiamo bisogno di un vero Congresso Costituente. Per questo vi chiedo di partecipare con passione e impegno”, ha aggiunto Letta anticipando le quattro fasi. “La prima sarà quella della ‘chiamata’. Durerà alcune settimane”. “La seconda fase sarà quella dei ‘nodi’. Consentirà ai partecipanti di confrontarsi su tutte le principali questioni da risolvere. Quando dico tutte, intendo proprio tutte: l’identità, il profilo programmatico, il nome, il simbolo, le alleanze, l’organizzazione”.

“La terza fase – ha sottolineato il leader del Pd – sarà quella del ‘confronto’ sulle candidature emerse tra i partecipanti al percorso costituente. Un confronto e una selezione per arrivare a due candidature tra tutte, da sottoporre poi al giudizio degli elettori. Infine, la quarta fase, quella delle ‘primarie’. Saranno i cittadini a indicare e legittimare la nuova leadership attraverso il voto”.

No ai casting

Il rischio è che il congresso si trasformi in un casting, alla disperata ricerca di un nome che possa rappresentare il nuovo leader del partito. Letta chiama questa fase “indispensabile rigenerazione del gruppo dirigente” mettendo in guarda dal “trasformare il Congresso in un casting e in una messa in scena staccata dalla realtà e lontana dalle persone”.

“So che vogliamo tutti arrivare presto a un nuovo Pd e a una nuova leadership. Se ci muoviamo insieme in questa direzione, con coraggio e tempismo, dimostreremo di essere capaci di tornare in sintonia con le attese del Paese”, ha concluso un troppo ottimistico Letta che forse dovrebbe prendere atto che l’esperienza del Pd è arrivata alle fasi finali e che l’accanimento terapeutico non sempre serve. In questo caso, meglio l’eutanasia di cui si fa portabandiera.