Papa Francesco ha presieduto questo pomeriggio, nella Basilica di San Pietro, la celebrazione eucaristica in occasione del 60° anniversario dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II. Partendo dalla domanda che Gesù rivolge a Pietro nel vangelo, ‘mi ami?’, il Pontefice ricorda che “il Concilio Vaticano II è stato una grande risposta a questa domanda: è per ravvivare il suo amore che la Chiesa, per la prima volta nella storia, ha dedicato un Concilio a interrogarsi su sé stessa, a riflettere sulla propria natura e sulla propria missione”.

“Sempre c’è la tentazione di partire dall’io piuttosto che da Dio di mettere le nostre agende prima del Vangelo, di lasciarci trasportare dal vento della mondanità per inseguire le mode del tempo o di rigettare il tempo che la Provvidenza ci dona per volgerci indietro”. Di fronte a questi comportamenti, Bergoglio inviata a stare “attenti”.

“Sia il progressismo che si accoda al mondo – spiega il Papa – sia il tradizionalismo che rimpiange un mondo passato, non sono prove d’amore, ma di infedeltà. Sono egoismi pelagiani, che antepongono i propri gusti e i propri piani all’amore che piace a Dio, quello semplice, umile e fedele che Gesù ha domandato a Pietro”.

La Chiesa sia abitata dalla gioia

Per essere pienamente rispondente alla sua missione, la Chiesa deve essere “abitata dalla gioia. Se non gioisce smentisce sé stessa, perché dimentica l’amore che l’ha creata. Eppure, quanti tra noi non riescono a vivere la fede con gioia, senza mormorare e senza criticare? Una Chiesa innamorata di Gesù non ha tempo per scontri, veleni e polemiche. Dio ci liberi dall’essere critici e insofferenti, aspri e arrabbiati. Non è solo questione di stile, ma di amore, perché chi ama, come insegna l’Apostolo Paolo, fa tutto senza mormorare”.

No ad autoreferenzialità e polarizzazione

Papa Francesco ricorda quanto il Concilio sia “attuale”. Esso, spiega Bergoglio “ci aiuta a respingere la tentazione di chiuderci nei recinti delle nostre comodità e convinzioni, per imitare lo stile di Dio”. A tal proposito, il Papa lancia un appello: “Torniamo al Concilio, che ha riscoperto il fiume vivo della Tradizione senza ristagnare nelle tradizioni; che ha ritrovato la sorgente dell’amore non per rimanere a monte, ma perché la Chiesa scenda a valle e sia canale di misericordia per tutti. Torniamo al Concilio per uscire da noi stessi e superare la tentazione dell’autoreferenzialità”.

“Pasci, ripete il Signore alla sua Chiesa – ribadisce Francesco – e pascendo, supera le nostalgie del passato, il rimpianto della rilevanza, l’attaccamento al potere”. “E, se è giusto avere un’attenzione particolare – aggiunge il Papa – sia per i prediletti di Dio: per i poveri, gli scartati; per essere, come disse Papa Giovanni, la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri”.

“Superiamo le polarizzazioni e custodiamo la comunione, diventiamo sempre più ‘una cosa sola’, come Gesù ha implorato prima di dare la vita per noi”, ha invocato Francesco che ha concluso il suo discorso con una preghiera: “Tu che ci ami, liberaci dalla presunzione dell’autosufficienza e dallo spirito della critica mondana. Tu, che ci pasci con tenerezza, portaci fuori dai recinti dell’autoreferenzialità. Tu, che ci vuoi gregge unito, liberaci dall’artificio diabolico delle polarizzazioni”.