Dietro l’attentato che ha ucciso la giornalista russa Darya Dugina, figlia di Alexandr Dugin, politico e filosofo dell’estrema destra russa, ci potrebbe essere l’Ucraina. E’ questa l’aspetto scioccante che emerge da un’inchiesta condotta e pubblicata dal New York Times che, stavolta, getta ombre su responsabilità dirette dell’Ucraina. Intanto Washington ha dichiarato di non aver saputo nulla delle intenzioni ucraine fino a che i servizi americani non lo hanno scoperto e, che se ne fosse stato al corrente, avrebbero sconsigliato questa manovra estrema.

L’attentato a Mosca

Lo scorso 20 agosto l’esplosione di un ordigno rudimentale nell’auto su cui viaggiava aveva colpito e di conseguenza ucciso Darya Dugina. Inevitabilmente si era creato un caso intorno a questo attentato con il Cremlino fermamente convinto che il blitz era stato architettato dal governo di Kiev. Queste responsabilità, ora, sembrano essere in parte confermate dall’intelligence americana

I servizi segreti hanno infatti indagato sulla vicenda a lungo. Da quello che risulta dalle fonti citate dal NYT, si pensa che il vero obiettivo di questi attentatori ucraini avrebbe dovuto essere il pensatore ultranazionalista e padre della vittima Alexandr Dugin. La motivazione era molto semplice: da mesi Dugin esorta Mosca a intensificare la sua guerra contro l’Ucraina ed è da sempre uno dei principali sostenitori di una Russia aggressiva e imperialista e del ritorno della “Grande Russia”. Dugin quel giorno avrebbe dovuto viaggiare in auto insieme alla figlia, ma all’ultimo minuto aveva deciso di cambiare veicolo. L’ipotesi dell’attentato al politico, quindi, sembrerebbe molto verosimile.

Chi ha ordinato l’attentato?

La questione che ad oggi rimane ancora oscura è chi ha pianificato l’attentato e dato il consenso all’operazione: i militari, il controspionaggio, lo stesso Zelensky? Questo aspetto rimane ancora un mistero. Arrivano, intanto, le precisazioni da parte di Kiev con Mykhailo Podolyak, uno dei consiglieri più stretti di Zelensky, che ha respinto ogni addebito e dichiarato al New York Times: «Lo sottolineo ancora una volta: qualsiasi assassinio in tempo di guerra nel nostro Paese o in un altro deve avere una giustificazione concreta. Deve soddisfare uno scopo preciso, tattico o strategico. Una persona come Dugina non rappresentava per l’Ucraina né un obiettivo tattico, né strategico».

Zelensky, quindi, sta cercando di opporsi alle accuse dirette. Questo però non cambia il fatto che l’Ucraina sia implicata nell’attentato, che si tratti di agenti o militari. Di certo Washington conducendo l’indagine ha cercato di schivare ogni possibile coinvolgimento, aspetto che è stato ben sottolineato dal NYT. Le fonti infatti hanno precisato che gli Stati Uniti «non hanno preso parte all’attacco né fornendo informazioni né altre forme di assistenza» e che i servizi segreti statunitensi non erano in nessun modo a conoscenza dell’operazione. Se lo avessero saputo o se fossero stati consultati dagli ideatori dell’attentato, si sarebbero opposti fermamente.