Il tema dell’ autonomia regionale differenziata percorre il dibattito politico italiano da almeno un trentennio. In vista delle elezioni che si terranno domenica 25 settembre, i partiti italiani, fortemente divisi dalla questione, si esprimono tra chi è a favore e chi contro il progetto di decentralizzare il potere statale a favore di quello delle singole amministrazioni locali. La proposta è divisiva al punto tale da creare spaccature anche all’interno dei singoli gruppi o coalizioni.

Nel Partito Democratico, il massimo avvocato sull’autonomia regionale è il Presidente dell’Emilia Romana Stefano Bonaccini, possibile candidato, qualora si verificasse una debacle elettorale, a sostituire l’attuale Segretario Enrico Letta alla guida del partito. Gli si contrapporrebbe l’attuale Vice Segretario Giuseppe Provenzano, da sempre contrario all’idea poiché potenzialmente responsabile, secondo l’ex Ministro, di acuire il divario, in termini di welfare, tra il Sud e il Nord del Paese.
Stessa tesi viene portata avanti dal leader del Movimento 5 Stelle, attualmente ritenuto un forte attrattore di consenso nel meridione anche e soprattutto per il sostegno al mantenimento del Reddito di Cittadinanza e la contrarietà all’ipotesi dell’autonomia regionale differenziata, considerata, per dirla con la fortunata definizione del professore Gianfranco Viesti, una vera e propria “secessione dei ricchi”.

Per quanto riguarda la coalizione di centro destra, le visioni sono anche qui contrastanti. Da un lato abbiamo Fratelli d’Italia e Forza Italia, entrambe contrarie all’ipotesi nella misura in cui viene considerata impraticabile per una nazione moderna e inserita nel tessuto europeo (tesi avallata anche dal Terzo Polo). Dall’altro c’è la Lega, promotrice originaria della proposta, e che ne fa uno dei suoi cavalli di battaglia in vista delle urne.

Sinceramente, penso che il tema dell’autonomia regionale differenziata vada preso seriamente in considerazione, attuando contestualmente un piano programmatico serio e definito per stabilire la ripartizione dei poteri amministrativi. Nonostante le molte voci critiche, che additano l’ipotesi come foriera di pesanti divisioni in seno al territorio italiano, credo che rendere indipendenti le regioni italiane possa fungere da propulsore anche per quelle aree tradizionalmente svantaggiate.
Rimboccandosi le maniche e dandosi da fare, il meridione potrebbe in questo modo trarre a sé le forze necessarie per uscire dal pantano storico che lo ha caratterizzato per tutta la storia d’Italia, emergendo finalmente dalla depressiva visione attuale, tutta fatta di sussidi e trenodie.