Domenica 12 giugno gli italiani sono chiamati alle urne per il referendum sulla giustizia, promosso da Partito Radicale e Lega. Il referendum si compone di cinque quesiti abrogativi, che mirano ad abolire totalmente o parzialmente alcune leggi.

Le ragioni del Sì sono illustrate da Andrea Piani, consigliere generale dei Radicali che, insieme ad altri esponenti del partito, ha indetto uno sciopero della fame al quale si è unito anche il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli. “Il nostro scopo – sottolinea Piani – è quello di attirare l’attenzione su un referendum poco pubblicizzato. Le testate giornalistiche, e in modo particolare le televisioni, hanno dato pochissimo spazio alle votazioni. Noi chiediamo che sia rispettato il diritto dei cittadini ad essere informati”.

Quesito per quesito, Andrea Piani spiega perché votare Sì e quali cambiamenti produrrebbe l’abrogazione delle leggi oggetto del referendum.

Abrogazione della legge Severino: scheda rossa

Nelle intenzioni del legislatore, la legge Severino serve a limitare la corruzione nell’amministrazione pubblica e all’interno delle istituzioni. In realtà, la corruzione non è diminuita a seguito dell’entrata in vigore della norma. Nella stragrande maggioranza dei casi in cui è stata applicata, sindaci o amministratori locali hanno perso la loro carica elettiva per poi essere giudicati innocenti. Si tratta di un vulnus della nostra democrazia: la persona eletta perde la propria carica anche a seguito di condanna di primo grado. Il nostro ordinamento giuridico, però, prevede tre gradi di giudizio e, soltanto in terza battuta, la condanna diventa definitiva. Fino ad allora, vige ancora la presunzione di innocenza. Il referendum sull’abolizione della legge Severino mira a ripristinare la vecchia norma. Intende, quindi, rimettere al giudice la possibilità e il dovere di scegliere se un amministratore o un rappresentante delle istituzioni debba essere interdetto dai pubblici uffici.

Limitazione della custodia cautelare: scheda arancione

Ogni anno circa mille persone finiscono in carcere pur essendo innocenti. A seguito dell’assoluzione, lo Stato si trova a dover risarcire le vittime di errore giudiziario. Negli ultimi 30 anni le somme erogate quale risarcimento ammontano a circa 900 milioni di euro. Soldi che lo Stato attinge dalle tasche dei cittadini che pagano le tasse. Non solo: ci sono persone innocenti che subiscono la violenza e l’umiliazione del carcere. Votando Sì possiamo porre un limite alla custodia cautelare, di cui è stato fatto abuso. L’intento non è cancellare la misura ma limitarla ad alcuni casi specifici. La custodia cautelare verrà applicata in presenza di pericolo di fuga, di inquinamento delle prove, di reiterazione del reato in caso di delitti gravi con uso di armi, violenza personale, sessuale e stalking, reati diretti contro l’ordine costituzionale e di criminalità organizzata. Quindi, non è vero che uno stupratore, uno stalker o chi commette violenze di genere resta libero e impunito.

Separazione delle carriere dei magistrati: scheda gialla

Attualmente un magistrato può passare più volte dalla funzione inquirente e quella giudicante, quindi da pubblico ministero a giudice. Votando Sì, vogliamo che le due carriere siano nettamente separate, come auspicava anche il magistrato Giovanni Falcone. Quindi, chi ha il compito giudicare, giudichi, e chi ha il compito di indagare e accusare, indaghi e accusi. La forma mentis di un PM non è la stessa di un giudice. Egli deve essere super partes ma deve anche apparire super partes. In caso di vittoria del Sì, non sarà più possibile cambiare funzione passando da giudice a PM ma si dovrà operare una scelta professionale su quale carriera intraprendere.

Equa valutazione dei magistrati: scheda grigia

Al giorno d’oggi i magistrati si valutano fra di loro e il 99 per cento di essi viene promosso a pieni voti. Chiaramente, questo non è un risultato credibile. Come in ogni ambito professionale, c’è chi svolge il proprio lavoro in maniera eccellente, chi lo fa discretamente e chi non lo fa bene. È altamente improbabile che il 99 per cento dei nostri magistrati svolgano un ottimo lavoro. Votando Sì chiediamo che i magistrati vengano valutati non soltanto dai colleghi ma anche dai professori universitari e dagli avvocati che compongono i Consigli Giudiziari. Sul totale dei valutanti, solo un terzo sarà non togato. Le valutazioni così espresse, saranno sottoposte al CSM che avrà il compito di giudicare l’attività dei singoli magistrati esprimendo una valutazione equa e imparziale.

Elezione dei componenti togati del CSM: scheda verde

Questo quesito rappresenta un importante passo in avanti verso la limitazione dello strapotere delle correnti che attraversano il CSM, anche se non le abolisce. Allo stato attuale il Consiglio superiore della magistratura – l’organo di autogoverno della magistratura che, tra le altre cose, decide in merito alla carriere dei magistrati, a trasferimenti e promozioni –  è dominato da correnti politicizzate che sono diventate dei veri e propri partiti politici che si spartiscono cariche. Anche i sostenitori del No convengono sul fatto che la politicizzazione della magistratura rappresenti un problema per l’ordine democratico del nostro Paese. Attualmente un magistrato che intende candidarsi deve ottenere dalle 25 alle 50 firme, ovvero ha bisogno dell’appoggio di una corrente. Votando Sì chiediamo l’abolizione dell’obbligo di raccolta firme. In questo modo, qualsiasi magistrato potrà candidarsi al CSM. Ciò che sostiene il Comitato per il No, ovvero che senza il sostegno di una corrente difficilmente un magistrato riuscirà ad essere eletto, è soltanto parzialmente vero. Noi siamo certi che un magistrato umanamente e professionalmente valido abbia comunque possibilità di essere eletto. Non solo, i colleghi lo sceglieranno non per la sua appartenenza a una corrente ma come segno di affetto verso il Paese e la magistratura.

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