Il Consiglio e Parlamento Europeo hanno raggiunto un accordo sulla questione del salario minimo. La bozza della direttiva stabilisce un quadro procedurale per promuovere salari minimi adeguati ed equi in tutta l’Unione Europea. La notizia accende il dibattito in Italia su un argomento che ha già diviso la maggioranza negli scorsi giorni.
Il salario minimo
Il salario minimo è presente in 21 Paesi membri dell’UE. Sono invece 6 le nazioni, dove vigono gli accordi di settore: Italia, Austria, Cipro, Finlandia, Danimarca e Svezia. I salari minimo in Europa è molto differente tra i vari Stati, si parte dall’1,87 euro della Bulgaria fino ad arrivare ai quasi 13 euro del Lussemburgo. La Germania ha annunciato che da ottobre porterà a 12 euro l’ora il salario minimo, nazione che fa parte degli 8 Stati dove lo stipendio mensile minimo supera i 1000 euro. Insieme ai tedeschi ci sono Slovenia, Francia, Portogallo, Spagna, Belgio e Paesi Bassi.
Il governo italiano sul tema registra una forte divisione, da una parte PD e Movimento 5 Stelle e dall’altro Lega e Forza Italia. La proposta dei grillini, supportata dai democratici, è del salario minimo di 9 euro l’ora. La destra sembra molto fredda sul tema e la Meloni la definisce come “un’arma di distrazione di massa dai veri problemi del lavoro” aggiungendo che “la soluzione migliore sarebbe quella di tagliare il cuneo fiscale, circoscrivendolo al lato lavoratore”. Il provvedimento europeo, ha trovato l’approvazione del ministro del Lavoro Andrea Orlando che afferma “spingerà di più verso interventi che salvaguardino i livelli di salario più bassi e verso una disciplina organica”. Il segretario della Cgil, Maurizio Landini ha accolto con entusiasmo la direttiva e invita a non ascoltare l’Europa “solo quando ci dice di tagliare le pensioni o cancellare l’articolo 18 o tagliare la spesa sociale. Se finalmente tutta l’Europa si rende conto che salari bassi e lavoratori precari senza diritti mettono in discussione tenuta social, bisogna ascoltarla”.
La direttiva
La direttiva tocca vari punti: stabilisce le procedure per assicurare l’adeguatezza dei salari minimi laddove già esistono, promuove la contrattazione collettiva per stabilire i salari e cerca di aumentare l’accesso effettivo alla tutela del salario minimo, per coloro che vi hanno diritto in base alla legislazione nazionale.
La contrattazione collettiva vuole essere inserita come mezzo di difesa dei salari: si è deciso di promuovere la capacità delle parti sociali di impegnarsi nella contrattazione collettiva, tutelando i rappresentanti dei lavoratori. È previsto in particolare che, nei Paesi in cui la contrattazione collettiva copre meno dell’80% del mercato del lavoro, gli Stati membri preparino dei piani operativi per promuoverla, con tempistiche e misure atte ad aumentare la copertura dei contratti collettivi.
Gli Stati membri dell’Ue che hanno salari minimi già in vigore, dovranno stabilire un quadro procedurale per aggiornarli costantemente secondo precisi criteri. Le Istituzioni europee hanno concordato che gli aggiornamenti del salario minimo debbano avvenire almeno ogni due anni, quattro anni invece per i Paesi che utilizzano un meccanismo di indicizzazione automatico. Nella procedura di aggiornamento dovranno essere coinvolte le parti sociali.
Consiglio e Parlamento hanno anche concordato misure che sono volte a migliorare l’accesso effettivo dei lavoratori alla tutela del salario minimo. Ci saranno controlli da parte degli ispettorati del lavoro, le informazioni sul salario minimo dovranno essere accessibili e si sviluppare le capacità delle autorità di perseguire i datori di lavoro che non rispettano le norme.
L’accordo è stato raggiunto e ora dovrà essere confermato dal Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l’Unione Europea (COREPER). Successivamente ci sarà il voto fa in Consiglio che in Parlamento. La direttiva dovrà infine essere recepita negli ordinamenti nazionali entro due anni.