Fonti ufficiali ucraine rendono nota la notizia che le forze russe che occupano il territorio della centrale nucleare di Zaporizhzhia stiano pianificando lo spegnimento della struttura. L’annuncio ha precipitato l’attenzione internazionale sull’area, da settimane al centro di un confronto che si gioca sul filo della tensione.
I piani
Oltre all’attività di intelligence, la notizia è stata avvalorata dalla presenza di alcuni video (in parte già finiti in rete), in cui si vedono mezzi militari russi parcheggiati all’interno della struttura. Anche se Mosca smentisce, definendo l’attività normale routine di controllo, la notizia ha concentrato ulteriormente l’attenzione sull’area, già al centro nelle scorse settimane di preoccupanti sviluppi del conflitto.
Sembra che il progetto russo sia quello di scollegare i banchi di alimentazione che regolano il funzionamento della centrale, con relativa conseguenza quella di non essere più in grado di trasferire l’energia elettrica al territorio ucraino. La notizia è stata resa pubblica dalla compagnia per l’energia nucleare nazionale, l’Energoatom, ed è stata accolta dal governo e dalla comunità internazionale con grande preoccupazione.
Non è un caso infatti che Recep Tayyp Erdogan e Antonio Guterres si siano incontrati a Leopoli per cercare di contenere i possibili sviluppi della crisi nucleare, alimentare ed energetica. “Abbiamo parlato dei passi che possiamo fare per porre fine alla guerra” ha dichiarato in conferenza stampa il leader turco, mentre l’Alto Commissario della Nazioni Unite ha affermato che “non vogliamo una nuova Chernobyl”, aggiungendo inoltre che “l’elettricità di Zaporizhzhia è ucraina. Questo principio deve essere pienamente rispettato”.
L’ipotesi di spegnere la centrale nucleare di Zaporizhzhia sarebbe perfettamente in linea con la strategia orientata da Vladimir Putin, la quale si fa ogni giorno più chiara. Non è infatti un caso che le mosse del Cremlino dallo scoppio del conflitto risultano avere sempre un obiettivo preciso, ovvero sia il controllo delle risorse alimentari e energetiche di un’area al fine di destabilizzare le singole zone di interesse per sottoporle successivamente alla provocazione e al ricatto.