Mentre Giorgia Meloni ha formato il suo governo in tempo record, il Pd stenta ancora a ripartire dopo l’amara delusione delle elezioni. Il congresso annunciato da Enrico Letta all’indomani della sconfitta alla urne ancora non è stato fissato, né il percorso da seguire definito. I temi sul tavolo sono tanti, a cominciare dal nome del nuovo segretario che prederà il posto di Letta e dai nodi politici che hanno allontanato gli elettori dal partito.

La parola chiave sulla quale bisognerà lavorare è: identità. Quella che è mancata nelle ultime elezioni ma quella che manca dalla fondazione della compagine, che raccoglie al suo interno un po’ di tutto, cercando di tenere insieme pezzi molto diversi tra loro per provenienza e idee politiche. Al Pd, inoltre, spetterà l’onore di fare opposizione al governo Meloni. Senza unità di intenti e una visione comune, difficilmente le lamentele si trasformeranno in qualcosa di costruttivo per il Paese.

Il tempo stringe e a chiedere di accelerare è stato Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna oltre che probabile candidato alla segreteria. La roadmap, a grandi linee, l’aveva tracciata già Enrico Letta a fine settembre, prevedendo quattro fasi: innanzitutto la chiamata a raccolta di chi vorrà partecipare al progetto e lo step sui nodi da sciogliere, inclusi organizzazione e alleanze. Poi sarà la volta del confronto delle candidature e la scrematura a due e infine i gazebo per le primarie.

Per alcuni nel Pd quello dei tempi è un falso problema ma è pur vero che, prima traccia una rotta, prima il partito riuscirà ad avere una visione politica più chiara e netta. Tuttavia, anche i più ottimisti dicono che il nuovo segretario non arriverà prima di marzo. Fino ad allora, difficilmente il Pd sarà in grado di far sentire il suo peso in parlamento.