Gazprom chiude le forniture del gas russo a Polonia e Bulgaria, che si rifiutano di pagare in rubli. Chi invece si oppone fermamente all’embargo delle importazioni di gas e petrolio è l’Ungheria di Viktor Orban che, invece, non può privarsi delle forniture russe e quindi ha acconsentito ai pagamenti nelle modalità volute da Mosca.

“La posizione ungherese riguardo a qualsiasi embargo su petrolio e gas non è cambiata: non li sosteniamo“, ha scritto il portavoce del governo Orban Zoltan Kovacs su Twitter. Budapest sostiene che questa decisione non è legata a ragioni politiche, ovvero dalla nota vicinanza di Orban al presidente russo Putin. Piuttosto, il problema maggiore per l’Ungheria di Orban è la forte dipendenza dai barili russi. Della stessa opinione è la Slovacchia che, come l’Ungheria, non ha sbocco sul mare e non è collegata ad alcun gasdotto europeo.

D’altro canto, le azioni contro Polonia e Bulgaria non fanno altro che evidenziare il momento negativo dell’Unione Europea. Emergono sempre più posizioni e interessi contrastanti tra gli Stati membri, come quella presa dall’Ungheria. Come spiegato dal Ministro degli esteri Péter Szijjártó, “l’Ungheria non ha dubbi sul proprio obbligo di pagare il gas russo nel modo che garantisca la sua regolare fornitura”.

Per uscire da questo stallo, l’Unione Europea prova a reagire prevedendo per questa settimana l’approvazione di nuove sanzioni sul piano energetico. Si punterà a colpire le importazioni di petrolio russo. Gli Stati membri stanno, infatti, parlando e negoziando tempi e modalità di attuazione dell’eventuale stop alle importazioni del greggio. Questa manovra assesterebbe un duro colpo all’economia russa, ma avrebbe ripercussioni anche su quella europea. Per questo, l’ipotesi più probabile è che l’embargo, come stabilito per il carbone, avverrà gradualmente a partire dal 2023.