Con il Premio Nobel per l’Economia, si conclude l’annuale periodo di assegnazione dei prestigiosi riconoscimenti. Quest’anno, il premio è stato assegnato a tre studiosi esperti dell’analisi del comportamento degli istituti finanziari nel compensare i possibili effetti inflativi derivanti da scenari sistemici di crisi economica.

I tre studiosi

I tre accademici, nello specifico l’ex presidente della Federal Reserve americana Ber Bernanke e i due professori Douglas W. Diamond e Philip H. Dybvig, sono stati premiati, come recita la motivazione ufficiale fornita durante la tradizionale conferenza stampa tenutasi nella sala stampa dell’Accademia Reale di Svezia, per “le loro ricerche sulle banche e le crisi finanziarie”.

Il primo, volto noto dell’economia americana, anche e soprattutto per il ruolo attivo e fondamentale che ha avuto nel periodo che va dal 2006 al 2014 (sotto le presidenze di George W. Bush e Barack Obama) come capo della Fed, si è formato ad Harvard e ha insegnato a Princeton, alla NYU e al MIT. Tutta la sua carriera accademica si è incentrata sullo studio della Grande Depressione del 1929, da cui ha astratto delle possibili analisi, derivate poi in teorie, su come gli istituti di credito si debbano comportare in scenari di crisi finanziaria sistemica.

I restanti due, entrambi professori, rispettivamente, alle università di Chicago e di Washington, sono noti nel mondo accademico per i loro studi e la loro modellizzazione per lo studio dell’azione delle banche durante scenari economici con alti tassi di inflazione e assenza di liquidità generale. Nello specifico, i due sono celebri per un articolo (“Bank runs, deposit insurance, and liquidity”) del 1983, nel quale è esposta la loro teoria. 

Come si legge nelle motivazioni i tre economisti “hanno notevolmente migliorato la nostra comprensione del ruolo delle banche nell’economia, in particolare durante le crisi finanziarie, e di come regolamentare i mercati finanziari”. La loro ricerca “riduce il rischio che le crisi finanziarie si trasformino in depressioni a lungo termine con gravi conseguenze per la società”.