La crisi energetica non è un dossier ugualmente importante per gli Stati Membri dell’Unione Europea. Questo è ciò che si evince dalla richiesta del premier italiano Mario Draghi di organizzare un summit straordinario per discutere del tetto al prezzo del gas. Secondo fonti europee non ci sono i presupposti per convocare un vertice straordinario. Potrebbe invece materializzarsi la possibilità di di dedicare alla questione un Consiglio Ue straordinario dei ministri dell’Energia. La proposta di un summit straordinario sul tema gas ed energia ha trovato il sostegno di alcuni Paesi, tra cui la Francia, ma anche l’indifferenza di alcuni Stati del nord, guidati dall’Olanda.

L’idea di introdurre un «price cap», ovvero un tetto al prezzo del gas a livello europeo, è una battaglia che il governo italiano porta avanti da mesi poiché consentirebbe di ridurre i flussi finanziari verso Mosca. Draghi, nella conferenza stampa al termine della sessione di lavoro a Bruxelles, ha dichiarato: “C’è molta consapevolezza rispetto alla serietà della situazione” sull’energia. “Si è parlato molto di coordinamento e sulla solidarietà, che certo ci deve essere e ci deve essere anche una risposta a controllare il prezzo del gas. L’obiezione che si fa al price cap è la paura che in risposta la Russia tagli le forniture, ma ormai in Germania stiamo al 50% del flussi. Putin incassa le stesse cifre e l’Ue ha difficoltà immense”.

Via libera all’Ucraina e alla Moldavia in UE

Il Consiglio Europeo formato dai 27 leader dei Paesi membri ha dato formalmente il via libera alla concessione a Ucraina e Moldavia dello status di Paesi candidati all’ingresso nell’Ue, sulla base delle raccomandazioni della Commissione. Luce verde anche alla “prospettiva europea” per la Georgia a cui sarà concesso lo status di candidato subito dopo aver risolto le questioni in sospeso. Soddisfazione da parte di Ursula Von der Leyen e di Charles Michel che parlano di “momento storico” e del “futuro insieme nella famiglia europea”.

Al termine della sessione sono arrivati anche i ringraziamenti da parte del presidente ucraino Zelensky, che si è collegato in videocall con l’aula del Consiglio di Bruxelles subito dopo il voto. Lo status di Paesi candidati è una tassello storico per Ucraina e Moldavia ma pone inizio a un percorso lungo e complesso fatto di riforme economiche ed istituzionali. I passaggi più difficili da superare affinché l’Ucraina possa effettivamente aderire all’Unione, comunque, arriveranno più avanti e l’intero processo di adesione durerà molti anni. Intanto è arrivata la risposta del Cremlino a questa mozione: “Un affare interno dell’Europa”, dicono da Mosca. I rapporti tra la Russia e l’Unione europea hanno già toccato “il fondo” ed è difficile “scendere più in basso”.

La questione balcanica

Se da una parte Ucraina e Moldavia possono sorridere, dall’altra i Paesi dei Balcani che attendono di fare passi in avanti nel loro percorso di avvicinamento all’Unione Europea sono usciti scontenti dal Consiglio. Per Albania e Macedonia del nord la questione è ancora complessa nonostante gli anni passati ad effettuare riforme appropriate per ottenere l’apertura dei negoziati. Chi si sta opponendo è la Bulgaria che sbarra la strada a Skopje per questioni identitarie, sebbene il primo ministro bulgaro Petkov sia arrivato a Bruxelles sfiduciato dal suo Parlamento. La Francia ha tentato di fare da mediatore tra le parti, ma il premier macedone ha fatto ben capire che la risoluzione proposta dai francesi è inaccettabile. Ancora più dura è stata la reazione del premier albanese Edi Rama: “È una vergogna che un Paese Nato, la Bulgaria, tenga in ostaggio altri due Paesi Nato, la Nord Macedonia e l’Albania, nel pieno di una guerra nel nostro cortile di casa e che altri 26 membri dell’Ue restino fermi e impotenti”.