(Adnkronos) – Una ricostruzione minuziosa delle ore che hanno preceduto l'ennesimo naufragio a largo delle coste libiche con 30 dispersi. A fornirla è Sea Watch che ha reso pubbliche le immagini girate dal suo velivolo di ricognizione Seabird e le registrazioni audio delle chiamate tra l'equipaggio, la nave mercantile vicina al barchino con 47 persone a bordo e i Centri di coordinamento dei soccorsi libico e italiano. "Ci sono due cose da chiarire – dice all'Adnkronos Sea Watch Italia -. La prima: quando si parla di zona Sar libica non ci si riferisce alle acque territoriali libiche ma a un'area di responsabilità libica. Dal momento che la cosiddetta Guardia costiera libica non era in grado di soccorrere il barchino secondo la Convenzione di Amburgo gli italiani o maltesi potevano andare e salvare la vita delle persone a bordo". 
Il secondo aspetto che per l'ong merita di essere sottolineato è che "a Roma sapevano benissimo cosa stesse succedendo". "La scelta di demandare il soccorso ad assetti inadatti (la nave mercantile, ndr), che, infatti, nel soccorrerlo hanno fatto capovolgere il barchino, è stata una loro scelta. Loro, quindi, la responsabilità", attacca Sea Watch, che nella ricostruzione di quanto accaduto spiega che il primo sos lanciato da Alarm Phone alle autorità competenti risale alle 2.28 di sabato scorso. L'ong è in contatto con la barca sovraccarica e in balia delle onde. Alle 10.32 anche Seabird avvista la carretta del mare in difficoltà e lancia un mayday, raccolto dal mercantile Basilis L. distante 15 miglia dal barchino. "La gente in pericolo si sbraccia. E' richiesta assistenza immediata", spiegano da Seabird e dalla nave cisterna Basilis L. rispondono: Ok, siamo a 15 miglia, procediamo".  A distanza di un'ora l'equipaggio di Seabird contatta nuovamente via radio il mercantile, che spiega di aver ricevuto istruzioni dal Centro di coordinamento del soccorso in mare (Mrcc) di Roma di coordinarsi con la Guardia costiera libica, che a sua volta ha ordinato di raggiungere la barca e poi richiamarli. "La Guardia costiera libica vi ha detto di prendere a bordo le persone?", chiede Seabird all'equipaggio della nave, che risponde: "Non possiamo darvi questa informazione. Posso solo dirvi che stiamo procedendo verso la posizione indicata e basta". Alle 16.51 l'ong contatta il 'Joint Rescue Coordination center' di Tripoli, che comunica di essere a conoscenza del caso ma che nessuna motovedetta è disponibile da Bengasi. "Non abbiamo nessuna motovedetta pronta", si sente nell'audio diffuso da Sea Watch.  Alle 17.06 l'ong contatta nuovamente il Mrcc di Roma, spiegando che dalla Libia non partirà alcuna motovedetta. "Il nostro aereo ha lasciato la scena – dice Seabird -, ma abbiamo appena chiamato il Jrcc Libia e ci hanno informato che hanno cercato di mettersi in contatto con l'autorità portuale di Bengasi, ma che non sono riusciti a contattare nessuno e quindi nessuna imbarcazione si sta dirigendo verso l'imbarcazione in pericolo, che è solo 'riparata' dal mercantile di cui via abbiamo informato. Chi è responsabile ora per questo caso visto che il centro libico non è in grado di rispondere a questo caso di emergenza?". "Ok, grazie per l'informazione, ciao", è la risposta che riceve l'equipaggio dell'ong. "Poi Roma ha riattaccato il telefono", dicono da Sea Watch. Domenica all'alba un mercantile soccorre l'imbarcazione con 47 persone a bordo. A causa delle onde alte durante le operazioni la barca si capovolge: solo 17 i sopravvissuti.  —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)