È già cominciato il braccio di ferro tra il nuovo governo e le Ong sulla questione migranti. Nella notte al largo di Lampedusa sono stati tratte in salvo 56 persone, tra cui 27 minorenni non accompagnati, dalla Ocean Vikings. Sos Mediterranee ha parlato di “una corsa contro il tempo e al buio pesto” e di “diritto di sbarcare nel porto sicuro più vicino”.

Alla Ong ha risposto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che ha sottolineato un altro concetto fondamentale, “controllo delle frontiere e di contrasto all’immigrazione illegale”. In un’intervista rilasciata a La Stampa in merito la blocco navale e alla stretta del Viminale sulle navi da soccorso, il neoministro ha affermato: “Ho voluto battere un colpo per riaffermare un principio: la responsabilità degli Stati di bandiera di una nave”.

Questi i presupposti, secondo il titolare degli Interni, alla base dell’emanazione della direttiva sulla condotta della Ocean Viking, battente bandiera tedesca, e della Humanity 1, bandiera norvegese. Una condotta ritenuta non “in linea con lo spirito delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all’immigrazione illegale”.

A bordo della Ocean Viking di Sos Mediterranee e l’Humanity1, sono centinaia i migranti soccorsi in acque internazionali che attendono di poter sbarcare. Il governo, tramite la Farnesina, ha già avviato i contatti con le ambasciate di Germania e Norvegia. Intanto, Piantedosi ha richiamato l’attenzione su un fattore spesso sottovalutavo: “le navi umanitarie sono un fattore di attrazione per i migranti, il cosiddetto pull factor” benché, ha aggiunto, gli sbarchi “non dipendono solo dalle Ong”.

Da una parte il Viminale, quindi, dall’altra le Ong che tramite la portavoce di Open Arms Italia, Veronica Alfonsi, hanno ribadito che “il soccorso è un dovere per qualunque nave si trovi a incontrare dei naufraghi, così come è un dovere per gli Stati costieri assegnare un porto nel più breve tempo possibile. Esistono delle Convenzioni internazionali dalle quali non si può prescindere fortunatamente”.

Non è dello stesso avviso il ministro dell’Interno che non accetta “il principio che uno Stato non controlli i flussi di chi entra. Io credo molto nei corridoi umanitari di Sant’ Egidio. Frenare le partenze significa anche limitare le morti in mare, che mi ripugnano e che vedo ormai quasi non fanno più notizia”.

Nella discussione, “si tende a contrapporre gli aspetti umanitari con il governo dei flussi e il rispetto delle regole. In realtà, le due cose si fondono”, conclude Piantedosi ricordando la sua esperienza da Prefetto di Roma, quando ha avuto a che fare con gente sbarcata da tre o quattro anni e “gettata in strada senza speranza” dopo aver fatto richiesta di asilo.