La ministra per il Sud Mara Carfagna ha rassegnato le dimissioni da Forza Italia. È il terzo nome di peso che abbandona il partito dopo quelli di Gelmini e Brunetta.

LE DIMISSIONI

Dopo la caduta del governo Draghi e l’annuncio dello scioglimento delle Camere fatto da Mattarella, la ministra Carfagna si era presa qualche giorno per decidere del suo futuro politico. I suoi colleghi di partito e di governo Gelmini e Brunetta avevano già deciso, forse in modo precipitoso, di abbandonare Forza Italia, partito in cui militavano da quasi trent’anni.

In un’intervista rilasciata a Repubblica questa mattina, la ministra ha esposto le motivazioni sottese alla sua presa di posizione, mostrandosi allo stesso tempo rammaricata e decisa. “Tirerò le somme a breve”, ha dichiarato, aggiungendo che “la riflessione che sto facendo parte da due dati di fatto: gli applausi di Putin alla crisi e le centinaia di messaggi di sindaci e imprenditori che da giorni mi dicono ‘ma siete impazziti?'”.

Nel proseguire dell’intervista essenzialmente la Carfagna aggiunge di non sentirsi più rappresentata da Forza Italia, a suo modo di vedere non più memore della propria tradizionale linea moderata, europeista e liberale. Causa di questo sarebbe non tanto il leader Berlusconi, quanto il primo cerchio dirigenziale che lo ha, a sua detta, consigliato in modo non adatto, appiattendosi di fatto sulla visione propria della destra oltranzista di Salvini e Meloni.

IL FUTURO

Dato che la sua collega Gelmini ha di fatto già aderito al partito Azione guidato da Calenda, sorge spontaneo il dubbio se questa sarà la strada percorsa anche dalla ministra. La Carfagna non ha specificato quali saranno le sue scelte per il futuro, manifestando tuttavia interesse per la linea europeista e moderata espressa dal partito, la cui visione, a detta dello stesso Calenda, sarà fortemente influenzata da quella del governo Draghi.

In tal senso non è un caso che la ministra abbia dichiarato, in conclusione dell’intervista che “l’esperienza del governo di salvezza nazionale, una esperienza davvero patriottica fondata su una visione concreta dei problemi e degli impegni internazionali dell’Italia, meriti un secondo tempo. Ci serve più europeismo e più credibilità verso ogni nostro alleato. È necessario affrontare le grandi questioni dello sviluppo, delle tasse, del lavoro, per risolverle e non per fare propaganda.”