Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov è intervenuto dopo l’attacco dell’esercito ucraino in Crimea, sostenendo che lo scenario attuale sia del tutto simile per gravità alla crisi di Cuba intervenuta durante la Guerra Fredda tra gli Stati Uniti e la Russia. All’attacco è seguita, come risposta, la sospensione dell’intesa sul controllo dei flussi del grano.
Le parole di Lavrov
Il ministro Lavrov, intervenuto durante un’intervista, ha usato parole che evocano scenari assai preoccupanti, soprattutto perché ha sostenuto la percezione di minaccia che attualmente le alte sfere governative russe sentono nei confronti degli ultimi sviluppi della guerra in Ucraina.
Le affermazioni hanno come preciso destinatari gli Stati Uniti, visti come i reali avversari del conflitto in un territorio, quello ucraino, percepito come area di uno scontro per procura.
Inoltre, le parole assumono toni apocalittici poiché secondo la legislazione militare russa, qualora il territorio dello Stato fosse considerato in pericolo, sarebbe autorizzato a ricorrere a, come recita la formula, “qualsiasi mezzo possibile”, compreso, evidentemente, quello nucleare.
Non è infatti un caso che il ministro degli Esteri abbia evocato una “situazione simile al periodo della crisi missilistica cubana”, affermando che “oggi come nel 1962 stiamo parlando di minacce dirette alla sicurezza della Russia proprio ai nostri confini”.
In particolare, a causa di una “campagna per spingere l’Ucraina con ogni tipo di armi”, è l’accusa rivolta agli alleati americani ed europei di Kiev. Che tra l’altro starebbero “giocando in maniera irresponsabile” sul tema delle armi nucleari, con la Polonia “candidata” ad ospitare ordigni atomici Usa. I droni lanciati su Sebastopoli, che avrebbero colpito almeno tre navi della flotta russa, secondo Mosca costituiscono un’ulteriore prova delle minacce ai propri confini.