Dieci anni fa avveniva una delle più grandi scoperte scientifiche del nostro secolo. Per la prima volta venne “avvistato” il bosone di Higgs, conosciuto con il soprannome di “particella di Dio”. Il bosone di Higgs non è che una piccolissima ed elusiva entità non ulteriormente divisibile che, insieme ad altre particelle dello stesso tipo, crea i blocchi elementari con cui è fatto tutto ciò che esiste nell’universo. E’ fondamentalmente la più piccola parte che costituisce la massa e, perciò, anche la nostra esistenza.

L’annuncio della scoperta della più celebre tra le particelle avvenne il 4 luglio 2012 presso il CERN di Ginevra, attualmente diretto dalla scienziata italiana Fabiola Gianotti che proprio dieci anni fa era a capo di uno dei due esperimenti che portarono all’individuazione dell’entità. La ricerca del bosone di Higgs è durata decenni ma, alla fine, ne è valsa la pena sia perché ha portato a un premio Nobel per la fisica sia perché ha introdotto una nuova visione dell’universo e nuove opportunità di ricerca, confermando la validità del Modello Standard (teoria scientifica che cerca di spiegare il mondo).

Una teoria rivoluzionaria

La ricerca del bosone di Higgs iniziò negli anni ’60 con Peter Higgs, François Englert e altri quattro fisici. In quel periodo gli scienziati avevano conoscenza approfondita degli atomi quali particelle alla base della materia e degli elementi che lo compongono. Ma non bastava. Il gruppo di ricerca cominciò a indagare su particelle ancora più piccole e indivisibili che formano a loro volta i protoni, gli elettroni e i neutroni. La domanda era semplice, ma difficile al tempo stesso: da dove proviene la massa delle particelle?

La questione relativa alla massa era di fondamentale importanza per dare risposte a numerosi aspetti. Non tutte le particelle, infatti, hanno una massa identificata; inoltre averla o meno determina comportamenti diversi in queste entità invisibili. Secondo i fisici, però, c’era molto più: è solo grazie a queste particelle infinitesimali che esistono i pianeti, le stelle e la vita come è conosciuta. Capire l’origine della massa, quindi, voleva dire comprendere l’esistenza del mondo e della vita, la particella da cui ha avuto inizio tutto. 

Nel 1964 Higgs ipotizzò un “campo” che pervade tutto l’universo e particelle elementari che acquisiscono massa proprio interagendo con esso. Secondo il Modello Standard due sono le particelle elementari, i fermioni (costituiscono la materia) e i bosoni (trasmettono le forze). Ogni entità quindi ha duplice valenza: è particella e al tempo stesso un’onda associata al suo campo. Il bosone di Higgs, dunque, è un’onda nel campo di Higgs ma anche una particella elementare.

L’esperimento che portò alla “visione”

Gli scienziati ipotizzarono che dimostrare l’esistenza del bosone voleva dire comprovare anche l’esistenza del campo corrispondente, risolvendo così l’arcano dell’origine della massa. Nel corso degli anni, dalla teoria si è passati alla pratica con la costruzione dell’impianto necessario per dare risposta alle tesi di Higgs e dei suoi colleghi.

Ci sono voluti 50 anni per arrivare a un punto di svolta che è stato possibile solo grazie una struttura complessa in ogni sua parte, il Large Hadron Collider. Il più grande acceleratore di particelle al mondo, lungo 27 km, è stato realizzato al CERN nel sottosuolo di Ginevra ed è un anello di magneti superconduttori in cui si possono far scontrare fra loro particelle elementari con un’energia tale da manifestare l’esistenza del bosone di Higgs.

Il 4 luglio 2012 venne individuata per la prima volta la particella di Dio o meglio, venne “creata” attraverso una continua collisione di particelle subatomiche. I dati raccolti e l’analisi effettuata sulla vita brevissima della particella e del suo decadimento confermarono la corrispondenza con il bosone teorizzato da Higgs. Dopo un’attenta analisi dei dati scientifici, la conferma ufficiale della scoperta arrivò a marzo 2013.