In occasione del suo Congresso Nazionale, la Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp), per voce del suo presidente Antonio D’Avino ha lanciato l’allarme sulla situazione del disagio psichico giovanile nel Paese. Tra casi estremi come il suicidio effettivo o il totale ritiro sociale, il continuum del numero di ragazzi in forte difficoltà ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti per gli operatori nel settore della salute mentale.

Un dato abnorme

Il dato era, purtroppo, largamente previsto. Già a partire del manifestarsi della pandemia da Coronavirus i numeri dei casi di soggetti giovani (tra i dieci e i venticinque anni) affetti da turbe dello spettro psichico cominciava ad aumentare esponenzialmente, ed oggi ha toccato livelli mai visti prima in Italia.

Nonostante il nostro Paese sia particolarmente virtuoso nella prevenzione e il trattamento dei disturbi mentali, probabilmente a causa della notevole e precoce diffusione che hanno avuto pratiche terapeutiche come la psicoterapia e la psicanalisi, i dati rimangono impressionanti, con un incremento dei casi, rispetto al 2019, del settantacinque percento.

Per dare un’immagine chiara, come afferma il presidente della Fimp e pediatra D’Avino, “ogni giorno nel nostro Paese una ragazza o un ragazzo, adolescente, ma anche pre-adolescente, tenta il suicidio”, mentre sono più di seimila le richieste arrivate quest’anno a Telefono Amico Italia (l’organizzazione che si occupa di offrire un primo intervento supportivo a soggetti in stato di grave alterazione emotiva), sia da parte di soggetti con pensieri suicidari o di parenti preoccupati per la condizione di salute riscontrata dai propri cari.

Stiamo parlando di numeri enormi e che sono stati chiaramente influenzati dalle conseguenze dell’isolamento sperimentato dai giovani durante i lockdown intercorsi per prevenire il diffondersi della pandemia. Secondo l’Istat si stima che circa 46mila soggetti abbiano dovuto ricorrere a interventi supportivi o, nei casi più severi, a ricoveri.

Michela Gatta, direttrice dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedaliera dell’Università di Padova ha dato una rappresentazione chiara della condizione in cui versano i giovani italiani, affermando che “molti soggetti che si incontrano, sia in ambito clinico che non, riportano paura del futuro, scarsa propositività e progettualità, timore della solitudine, confusione mentale e difficoltà neuropsicologiche, preoccupazioni per malattie o accadimenti negativi a sé e/o agli altri. In ambito neuropsichiatrico infantile, che si occupa di persone fino ai 18 anni, si è evidenziata come più colpita dalla pandemia la fascia d’età adolescenziale, 12/18 anni”.

“Tra questi ragazzi coloro che già soffrivano di disturbi neuropsichici, specie di natura internalizzante (ad esempio ansia, sindromi affettive, disturbi ad espressione somatica), e coloro il cui ambiente familiare si è manifestato meno resiliente. In ambito ospedaliero, i ricoveri psichiatrici dell’età evolutiva hanno visto un aumento significativo di casi di autolesionismo suicidario e non, e di disturbi del comportamento alimentare”.