I ministri dell’Interno delle cinque nazioni europee che si affacciano direttamente sul Mediterraneo (Grecia, Italia, Cipro e Malta) hanno inviato una lettera congiunta al Consiglio Europeo per chiedere la messa in discussione degli accordi previsti relativamente alle politiche europee di ricollocamenti dei migranti. La richiesta fa seguito alla polemica scoppiata in questi giorni tra Italia e Francia dopo la decisione di non far sbarcare la nave Ocean Viking, attraccata successivamente a Tolone.
La richiesta
Quello che i quattro Paesi chiedono è sostanzialmente una ridiscussione dei trattati europei attualmente vigenti che dovrebbe portare, nelle intenzioni, all’attuazione di un reale mutamento di atteggiamento nella politica di accoglienza generale, a loro detta eccessivamente sbilanciata a sfavore dei cosiddetti Paesi di primo approdo.
“Abbiamo sempre sostenuto con forza – proseguono – la necessità di sviluppare una nuova politica europea in materia di migrazione e di asilo, realmente ispirata ai principi di solidarietà e responsabilità, e che sia equamente condivisa tra tutti gli Stati membri”. Dopo l’accordo sulla ricollocazione siglato lo scorso 10 giugno a Bruxelles, “il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno. Tutto ciò è increscioso e deludente, soprattutto in questo momento in cui i nostri paesi devono affrontare sempre più frequentemente una pressione migratoria che sta mettendo a dura prova il nostro sistema di asilo e di accoglienza”, si legge nel comunicato.
Inoltre, ad essere pesantemente criticato è il fatto che in linea generale le navi soccorritrici siano imbarcazioni o private, o battenti bandiera di altre nazionalità, che secondo la volontà espressa dalle quattro nazioni, dovrebbero farsi carico delle fasi di accoglienza e ridistribuzione dei richiedenti asilo.
“In attesa di un accordo su un meccanismo di condivisione degli oneri che sia efficace, equo e permanente, non possiamo sottoscrivere l’idea che i paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti. Ribadiamo la nostra posizione sul fatto che il modus operandi di queste navi private non è in linea con lo spirito della cornice giuridica internazionalesulle operazioni di search and rescue, che dovrebbe essere rispettata. Ogni Stato deve effettivamente esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera. Nel pieno rispetto delle competenze degli Stati costieri in conformità con il diritto internazionale, riteniamo urgente e necessaria una discussione seria su come coordinare meglio queste operazioni nel Mediterraneo, anche garantendo che tutte queste navi private rispettino le pertinenti convenzioni internazionali e le altre norme applicabili, e che tutti gli Stati di bandiera si assumano le loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali. Chiediamo alla Commissione Europea e alla Presidenza di adottare le misure necessarie per avviare tale discussione”.