Sul territorio italiano sarebbero presenti almeno undici stazioni di polizia non ufficiali che fanno capo direttamente al governo cinese. E’ questo il dato rilevante – e preoccupante – evidenziato all’interno dell’indagine denominata “Patrol & Persuade” di Safeguard Defenders, una ONG spagnola che si occupa di diritti umani nei paesi asiatici. L’obiettivo principale è quello di tenere sotto controllo la comunità cinese presente in Italia, soprattutto i dissidenti del regime di Pechino.
Postazioni aperte grazie anche alle autorità locali
Da Roma a Milano, passando per Bolzano, Venezia, Firenze, Prato e la Sicilia. Le undici stazioni dislocate lungo tutto lo stivale italiano fanno parte di una rete di 102 centri clandestini all’estero. Secondo il rapporto della ONG spagnola, l’Italia ha una comunità di 330mila cinesi e di conseguenza è il Paese in cui Pechino ha aperto più postazioni ‘non ufficiali’ di polizia. Queste stazioni, però, non sono di certo clandestine perchè sarebbero state aperte nel corso degli anni grazie al supporto delle autorità locali, anche se la maggior parte non avrebbe alcuna autorizzazione. Infatti queste postazioni sono identificate ufficialmente come uffici burocratici e di tutela per i turisti cinesi, una mansione ben diversa da quella che invece vanno a esercitare.
Il caso più particolare è quello di Milano, dove nel 2016 venne aperta dalla agenzia di sicurezza pubblica di Wenzhou la prima stazione non autorizzata. La stazione del capoluogo lombardo sarebbe stata usata da due diverse autorità di sicurezza locali come test per una strategia di controllo dei cinesi all’estero e di rimpatri forzati. L’ONG spagnola ha infatti denunciato che in un solo anno sarebbero state costrette a tornare in Cina 210mila persone, fra cui coloro che sono accusati di corruzione.
Pechino: centri a supporto dei cinesi per pratiche amministrative durante la pandemia
Il governo cinese ha sempre mascherato il vero obiettivo di questi centri, sottolineando anche il fatto che queste stazioni vengono utilizzati come uffici di supporto ai cittadini cinesi che, per colpa della pandemia, non potevano rientrare in Cina per espletare necessità amministrative come per esempio i rinnovi delle patenti o dei passaporti.
In un primo rapporto uscito lo scorso settembre erano già state individuate 54 stazioni, centri sparsi in Olanda, Germania e Canada. A queste se ne sono aggiunte altre 48, undici delle quali si trovano in Italia, come anche in Croazia, Serbia e Romania. In totale sono 53 i Paesi coinvolti in cui sono state aperte queste stazioni “non ufficiali”.