Dalla serie tv al calcio, il politically correct di una certa sinistra radical chic si sta trasformando in “foolishness”, ovvero in follia. L’ultimo esempio è l’attacco che il Whashington Post riserva alla nazionale di calcio argentina. Il celebre quotidiano americano, in un articolo a firma di Erika Denise Edwards, esperta in identità raziali, si chiede perché nella selezione albiceleste non ci sia alcun giocatore di colore.
Che l’Argentina sia una nazione razzista? Questa l’insinuazione della studiosa che si lancia in una dissertazione sulla white supremacy arrivando a sostenere che la Selleccion sia il frutto di politiche razziali iniziate quasi due secoli fa. Il politically correct che vuole la Sirenetta di colore e la fatina di Cenerentola genderless, che intraprende inutili e deleterie battaglie sul femminismo e i diritti lgbtq+, stavolta ha travolto anche il mondo del pallone.
Quanto all’articolo, l’autrice prima si preoccupa di sfatare tutti i miti relativi alla “whiteness” del popolo argentino, poi propone la propria interpretazione storica, abbastanza distorta rispetto a quella che è la realtà. Secondo la studiosa, l’Argentina ha subito un processo di sbiancamento con le persone di origine creola, india o di colore usate nel corso degli anni come carne da cannone per le guerre civili, vittime del processo di rimpiazzamento voluto dall’allora presidente Sarmiento, ridotte oggi a spacciarsi per bianchi per ottenere diritti e vantaggi nella vita quotidiana.
Ma la storia ha scritto altro. L’Argentina è stato il primo Paese ad abolire la schiavitù, nel 1813, e ad accogliere un’ondata migratoria europea. Gli schiavi provenienti dall’Africa, invece, finivano in maggioranza in Paesi con grosse piantagioni, soprattutto Brasile, Colombia e Venezuela. Ecco spiegato perché la nazionale argentina non annovera calciatori di colore, a differenza di alti Paesi del Sud America.
Anche i dati demografici lo confermano. Dal censimento del 2010, è emerso che soltanto 149.493 persone, molto meno dell’1 % del paese, sono nere. La colpa dell’Argentina, dunque, sarebbe quella di aver abolito la schiavitù e aperto le porte agli immigrati provenienti dall’Europa, dall’Italia in particolare.
Una colpa che la dura legge del politically correct non può e non intende perdonare in nome di un’uguaglianza che in realtà maschera una grandissima ipocrisia. Perché i calciatori, come i politici o i manager, dovrebbero essere scelti per le loro capacità e non per il colore della pelle. Cosa che gli americani sinistroidi faticano a comprendere, arrivando a chiedere sempre attraverso le pagine del Washington Post di introdurre quote di colore per le nazionali, pena l’esclusione dai prossimi mondiali, che si disputeranno nel 2026 proprio negli Usa.