(Adnkronos) – Prosegue la meritoria opera di Enrico Guarneri nel portare sul palcoscenico le versioni teatrali di romanzi e racconti della letteratura classica siciliana e, in prima battuta, di Giovanni Verga, il grande scrittore verista, catanese come l'attore e come il regista Guglielmo Ferro, figlio di Turi Ferro. Dopo 'I Malavoglia' e 'Mastro don Gesualdo', ora è la volta di 'La roba', tratto dalle 'Novelle Rusticane', a cento anni dalla scomparsa di Verga, in scena fino a domenica al teatro Quirino di Roma. Siamo sempre all'interno di quel 'ciclo dei vinti' che espresse la 'filosofia letteraria' di Giovanni Verga, per il quale non si può migliorare la propria posizione sociale cui il destino ci ha legati e tutti i tentativi sono destinati al fallimento quando non alla tragedia, per cui l'unica possibilità è quella di restare attaccati alla propria terra e alla propria 'roba', appunto, secondo quella che fu definita come la 'morale dell'ostrica', che si salva soltanto restando aggrappata al suo scoglio mentre le onde del mare le si infrangono contro. "I vinti della Sicilia di fine Ottocento, travolti dalla ‘fiumana del progresso’, non possono fare altro che sopravvivere aggrappandosi ai beni materiali – si sottolinea nelle note di regia – La ‘roba’ in Verga diventa un'ancora di salvataggio per tutti i derelitti della società, per coloro che lottano a costo della vita pur di non soccombere al ‘darwinismo sociale’ dell’epoca. Nessun vincitore tra i protagonisti delle novelle, solo vinti. Nessuna vera speranza di riscatto ma solo la crudezza della loro miserabile esistenza. E nessun giudizio morale teso a rassicurare il lettore e oggi lo spettatore". (di Enzo Bonaiuto) —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)