Dopo due ore di summit il Partito Democratico ha trovato ufficialmente un accordo con Azione e +Europa in vista delle elezioni che si svolgeranno il prossimo 25 settembre. La notizia ricompatta il fronte della sinistra dopo giorni di confusione e incertezza.
L’accordo elettorale
Le nubi che nei giorni scorsi si erano addensate sopra Via Sant’Andrea delle Fratte si sono diradate nel primo pomeriggio. Il Partito Democratico esce dall’impasse pericoloso in cui si trovava e ora può proiettare il suo sguardo fino alla data del 25 settembre con ragionevole ottimismo.
Durante l’incontro con Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova presso la Camera dei Deputati, il leader del Nazareno Enrico Letta è riuscito a trovare la chiave di volta che riesce nel difficile compito di mettere tutti d’accordo.
Gli esponenti hanno deciso che i tre partiti correranno insieme alle prossime elezioni e presenteranno candidati comuni nei collegi uninominali, distribuendoli secondo una percentuale precisa. Il 70% spetterà al Partito Democratico, mentre Azione e +Europa si divideranno il restante 30%, non considerando nel computo finale tutti i collegi che verranno assegnati ad altre liste minori in seno all’alleanza politica.
Le liste del Partito Democratico e di Azione/+Europa parteciperanno alla campagna elettorale guidate da Enrico Letta, frontrunner per i democratici e progressisti, e Carlo Calenda, frontrunner per Azione/+Europa e liberali. La spartizione dei collegi sarà indicativa anche dei rapporti che intercorreranno tra i partiti dell’alleanza in termini di rappresentanza sulle trasmissioni televisive nazionali.
Il programma condiviso
Il patto raggiunto tra Pd, Azione e +Europa si basa principalmente su un programma che vuole proseguire ciò che il governo Draghi aveva cominciato. La coalizione si impegna a promuovere “l’interesse nazionale nel quadro di un solido ancoraggio all’Europa e nel rispetto degli impegni internazionali dell’Italia e del sistema di alleanze così come venutosi a determinare a partire dal secondo dopoguerra. In questa cornice le parti riconoscono l’importanza di proseguire nelle linee guida di politica estera e di difesa del governo Draghi con riferimento in particolare alla crisi ucraina e al contrasto al regime di Putin”.
In campo energetico, l’impegno comune è quello di favorire le politiche pubbliche più idonee per garantire l’autonomia del Paese attraverso un’intensificazione degli investimenti in energie rinnovabili, il rafforzamento della diversificazione degli approvvigionamenti per ridurre la dipendenza dal gas russo, la realizzazione di impianti di rigassificazione nel quadro di una strategia nazionale di transizione ecologica virtuosa e sostenibile.
Sul piano economico e sociale, i tre partiti si impegnano nel contrastare le disuguaglianze e i costi della crisi su salari e pensioni, convenendo di realizzare il salario minimo secondo la direttiva UE e una riduzione consistente del “cuneo fiscale” a tutela in particolare dei lavoratori.
La coalizione di centrosinistra ha inoltre già stabilito che c’è la necessità di portare avanti e/o emanare una serie di riforme per proseguire il percorso iniziato con Mario Draghi. Queste riforme riguardano: la realizzazione integrale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nel rispetto del cronoprogramma convenuto con l’Unione Europea; le politiche di bilancio alla responsabilità e le politiche fiscali alla progressività, promuovendo una riforma del Patto di Stabilità e Crescita dell’Unione Europea; la correzione del Reddito di Cittadinanza e del Bonus 110%; il non aumento del carico fiscale complessivo e, infine, l’approvazione delle leggi in materia di Diritti civili e Ius scholae
Le reazioni degli avversari politici
L’annuncio dell’avvenuto accordo proietta la campagna elettorale in scenari inediti. Molti, non solo nel fronte del centrodestra, avevano creduto (e sperato) che la sinistra non sarebbe mai riuscita a ricompattarsi in un’unità coerente e potenzialmente competitiva.
Su Twitter, il Coordinatore Nazionale di Forza Italia Antonio Tajani ha dichiarato: “Azione getta la maschera. È la quinta colonna del Partito democratico e della sinistra. Altro che progetto per creare un nuovo centro, altro che governo Draghi, semplicemente al servizio di chi vuole la patrimoniale per qualche posto in più”.
Ancora più duro il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, il quale ha definito l’alleanza una “nuova ammucchiata che va dalla Gelmini dei tagli alla scuola al Pd, passando per Calenda, che non ha mai messo il naso fuori da una Ztl.”