Qualunque sia lo schieramento che vincerà le elezioni politiche del 25 settembre, questo si dovrà necessariamente confrontare con uno dei temi da sempre problematici dell’amministrazione italiana, ovvero sia il sistema scolastico.
Il manifestarsi della pandemia da Coronavirus ha avuto come conseguenza, tra le altre, l’aver fatto emergere tutte le lacune e i problemi che negli anni si erano stratificati in questo settore così importante per il benessere e lo sviluppo del paese.
Infatti, in pochissimo tempo, il personale della didattica italiana si è dovuto confrontare e adattare a modelli di insegnamento del tutto nuovi e inediti. Nonostante questo abbia amplificato le già notevoli competenze possedute dai nostri docenti, la novità delle metodologie utilizzate ha creato diversi problemi a tutto l’universo di agenti che ruotano intorno al sistema scolastico, dagli stessi insegnanti agli alunni, passando ovviamente per le famiglie.
Ma quali sono i problemi reali che la scuola italiana deve affrontare? Come è facile immaginare, molti, anche se è necessario specificare che alcuni hanno una priorità più alta rispetto ad altri e richiedono interventi e soluzioni efficienti e, ove possibile, rapide da parte della politica italiana.
Prima di tutto, una riforma della scuola degna di questo nome dovrà cercare di risolvere il problema dell’edilizia scolastica dato che più dell’80% delle nostre scuole è ubicata in edifici non originariamente concepiti come tali. Si tratta spesso di strutture inadeguate, precarie e, come purtroppo leggiamo ogni tanto sui giornali, pericolose. Se a questo aggiungiamo il fatto che le classi, in tali strutture, sono spesso composte da un numero elevato, elevatissimo di alunni (le cosiddette “classi pollaio”), il mix risulta essere potenzialmente letale.
Inoltre, una riforma del sistema scolastico dovrà seriamente mettere mano all’annoso problema del precariato nella docenza. Un corpo docente contrattualmente instabile, demotivato e confuso non potrà mai essere visto dagli alunni come un modello da cui apprendere, pertanto la stabilizzazione dei contratti e la valorizzazione reale di tali categorie professionali dovrà essere centrale in qualsiasi programma di riforma.
Un’ultima considerazione va anche fatta limitatamente all’offerta formativa. Questa, ad oggi, risulta essere obsoleta se paragonata a quella di altri stati, anche molto vicini a noi (si pensi, a tal proposito, all’avanguardia didattica rappresentata dalla Svizzera). Programmi vetusti, approccio quasi esclusivamente storicistico e finalità didattiche non orientati alle necessità della futura vita professionale degli alunni non fanno che allontanare e alienare gli stessi dall’universo dell’insegnamento italiano. Per riavvicinarli bisognerà attuare una vera e propria rivoluzione copernicana di programmi, metodi e strumenti, al fine di fargli percepire un sistema integrato con l’universo esterno a quello delle mura scolastiche.