I dati dell’ultimo rapporto Censis, il 56esimo, restituiscono l’immagine di una popolazione italiana preoccupata e silenziosamente arrabbiata per la situazione socio-economica contingente. Sono le conseguenze percepite delle crisi che si sono sovrapposte negli ultimi anni, dalla pandemia da Covid-19 allo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina.

Italia spaventata

Nella cornice delimitata da pandemia, guerra in Ucraina, conseguenze inflative sul costo generale della vita e aumento dei prezzi dell’energia, la popolazione italiana ha sviluppato progressivamente una strisciante senso di insicurezza in grado di minare la percezione della propria situazione sociale ed economica.

Questo è ciò che si evidenzia dall’ultimo rapporto del Censis, che riassume tale vissuto psichico collettivo come “malinconia post-populista”.

I dati evidenziati dal rapporto ci dicono che la gran parte degli italiani (con stime che si attestano tra il settanta e il novanta percento) temono soprattutto per la propria condizione economica attuale e, specificatamente, limitatamente alla possibilità che il potere d’acquisto momentaneo perduri con la diretta conseguenza che si possa abbassare il proprio tenore di vita.

Interessante è notare che tale considerazione risulta essere trasversale nella misura in cui tale parere sarebbe stato espresso in una forbice sociale che va dal libero professionista al dipendente (o ex dipendente) pubblico.

In tale contesto di instabilità percepita, il documento restituisce anche una mutazione dell’immaginario collettivo nei riguardi dei cosiddetti privilegi che determinate classi sociali o posizioni professionali godrebbero rispetto ad altri, da qui la definizione di post-populista.

Infatti pressoché la totalità di soggetti intervistati ha mostrato insofferenza, a tratti anche marcata, soprattutto nei confronti della disparità salariale tra dipendenti e manager, delle imposizioni fiscali nei confronti delle grandi società tech (ritenute troppo basse) e dell’ostentazione sfrontata del popolo social di vite percepite come sfarzose e contornate da lussi.

“Queste insopportabilità sociali non sono liquidabili come populiste ma sono i segnali del fatto che nella società si è già avviato un ciclo post-populista basato su autentiche e legittime rivendicazioni di equità, in una fase in cui molti sentono messo a repentaglio il proprio benessere”, si legge nel rapporto. 

Tale sentimento di insoddisfazione si tradurrebbe, secondo il report, in una sostanziale posizione depressiva della popolazione, che, nell’instabilità percepita, sembra aver abbandonato totalmente la fiducia nelle istituzioni. Sentimento confermato dalla refrattarietà con cui si assiste a scioperi e manifestazioni di piazza. Una “ritrazione silenziosa del vivere civile” lo definisce il documento.