Sergei Lavrov, ministro degli esteri russi, si è recato ad Ankara per incontrare il suo omologo Mevlut Cavusoglu. Il tema principale della discussione tra i due ministri è la questione del grano con l’ipotetica creazione di corridoi sicuri per permettere a navi commerciali di trasportare grano ucraino attraverso le acque del mar Nero. Cavusoglu ha proposto a Lavrov un meccanismo formato da Onu, Russia, Ucraina e Turchia per garantire l’uscita del grano dai porti ucraini.

Contestualmente dal Cremlino hanno fatto sapere che le esportazioni di grano dalla Russia sui mercati internazionali potranno riprendere solo con l’abolizione delle sanzioni, dirette e indirette. Mosca ha chiesto a Kiev di sminare i porti sul Mar Nero, il governo ucraino ha rispedito al mittente la richiesta per paura che i russi sfruttino l’occasione per attaccare il sud dell’Ucraina.

La reazione europea al blocco del grano

Il ricatto di Mosca sul grano continua a sortire gli effetti desiderati e soprattutto a scatenare l’ira della comunità internazionale. La crisi alimentare e del grano ucraino è frutto di «un freddo, insensibile e calcolato assedio di Putin ad alcuni dei Paesi e delle persone più vulnerabili del mondo. Il cibo è diventato parte dell’arsenale del terrore del Cremlino». Lo ha dichiarato Ursula von der Leyen sottolineando, di seguito, che le sanzioni europee non hanno effetti sui prodotti alimentari bloccati in Ucraina.

Nel frattempo parte del grano bloccato nel sud-est si sta muovendo. Dalla regione di Zaporizhzhia, secondo quanto riferito dalle forze filorusse che hanno conquistato i territori, sono partiti treni carichi di grano che transitano per la Russia e giungono in Medio Oriente. Intanto anche Angela Merkel, dopo settimane di assenza per il suo ritiro dalla vita politica, nel corso di un’intervista a Berlino ha espresso la propria opinione sulla guerra in corso. L’ex cancelliera ha dichiarato che non ci sono scuse per questa brutale aggressione ma isolare la Russia non è possibile a lungo termine anche se il presidente Vladimir Putin ha commesso un «grosso errore».

Timida apertura a futuri negoziati Russia-Ucraina

Nell’incontro di Ankara non si è parlato solo della ricerca di una soluzione per sbloccare il grano, rallentando la crisi alimentare. Il colloquio è servito alla Turchia per riprendersi quel ruolo di intermediatore tra le due nazioni che era andato perdendosi nell’ultimo periodo. La volontà di Erdogan è sempre quella di fare da tramite tra Putin e Zelensky con l’obiettivo di organizzare quanto prima in terra turca un incontro tra i due leader e metterli seduti allo stesso tavolo per riprendere i negoziati. L’obiettivo è per lo meno di arrivare a un accordo per il cessate il fuoco. Le parole di Lavrov in conferenza ad Ankara non sono così incoraggianti. Infatti ha dichiarato che sarà possibile valutare un incontro tra il presidente russo e quello ucraino solo dopo la ripresa del processo negoziale tra Mosca e Kiev. Il ministro russo, poi, non ha perso l’occasione di incolpare il governo di Kiev per lo stallo dei negoziati: “La palla è stata dalla parte degli ucraini per quasi due mesi, da metà aprile, quando hanno cambiato l’approccio delineato a Istanbul, che eravamo pronti ad accettare come base. Gli abbiamo presentato una bozza di accordo a metà aprile, ma da allora non abbiamo ricevuto alcun riscontro”, ha concluso.

Le ultime notizie dalle zone più colpite

Le linee difensive ucraine continuano a tenere la loro posizione nella città orientale di Severodonetsk, punto nevralgico del conflitto, nonostante gli attacchi dei russi in tre direzioni. I russi continuano a premere sul Donbass orientale e nel frattempo i soldati ucraini hanno riscosso qualche successo nella regione meridionale di Kherson. La tragedia di Mariupol, intanto, non cessa: dopo il lungo assedio dell’Azovstal ora la popolazione rimasta in città rischia di essere investita da un’epidemia di colera. Nella notte è inoltre trapelata la notizia che il Rabbino di Mosca avrebbe abbandonato la Russia: era nel mirino del Cremlino perché non era d’accordo con l’invasione dell’Ucraina.